Lo Psoas è forse uno dei muscoli più citati e allo stesso tempo meno conosciuti del nostro corpo. Benché sia molto grande, lungo e grosso, rimane nascosto nelle nostre viscere. Lontano dagli occhi, ma anche lontano dal tatto. Come se non bastasse ogni sua funzione può essere svolta da qualche altro muscolo, quindi è piuttosto facile ignorarlo e dimenticarsene, a meno che la qualità del nostro ascolto e della nostra analisi vada oltre semplici formule biomeccaniche.
Come insegnanti di movimento spesso ci imbattiamo in qualcosa che va oltre l’anatomia e biomeccanica. I nostri clienti ci stupiscono ogni giorno riuscendo a far cose incredibili o perdendosi di fronte ad esercizi apparentemente semplici. Questo “quid” inspiegabile ci spinge ad indagare oltre, ma allo stesso tempo ci porta ad aggrapparci a spiegazioni piuttosto vaghe e non sempre molto fondate. Lo Psoas, nascosto e difficilmente verificabile, è il candidato perfetto per prendersi colpe e meriti di ogni cosa.
A confondere le acque ci sono centinaia di studi, accumulatisi negli ultimi decenni, che sembrano dar ragione a tutti e a nessuno. In verità lo psoas è una scusa perfetta anche perché si trova in una posizione ideale per influenzare ogni cosa nel nostro corpo. Vicino alla colonna, nella zona lombare, uno su un lato e uno su un altro. Sotto al diaframma, collegato alle gambe. In prossimità di reni e intestino. Eccetera.
Lo Psoas è un grande muscolo che origina dai processi trasversi, dai dischi intravertebrali e dai corpi delle vertebre che vanno da D12 a L4. La sua inserzione è nel piccolo trocantere, quindi nell’interno della gamba. Un tempo, quando eravamo quadrupedi, corrispondeva al “filetto” ed era un muscolo che connetteva direttamente la gamba alla colonna. Guadagnata la stazione eretta, lo psoas ha dovuto adattarsi alla nostra nuova postura. È sicuramente uno dei muscoli che più ha dovuto modificarsi al nostro salto evolutivo. Se non fossimo stati in grado di ottenere tanta estensione dell’anca, non potremmo ora stare in piedi tanto agevolmente.
Per quanto riguarda la sua funzione anche qui le ipotesi si sprecano. L’unica cosa certa e condivisa è che fletta l’anca, ma quanto, fino a che altezza e in che modo non ci è dato saperlo in modo univoco. Oltre alla biomeccanica pura, lo psoas è spesso oggetto di riflessioni emotive e viscerali. Qualcuno lo collega al riflesso della “paura di cadere“ (Koch). Quello che possiamo dire è che forse più che di psoas dovremmo parlare di “zona dello psoas” (H. Godard). Se abbandoniamo un attimo l’ossessione per il muscolo in sé e ci dedichiamo alle strutture che lo circondano capiamo subito che stiamo parlando degli apparati più importanti del nostro corpo. Sopra e sotto, interno ed esterno, stabilizzazione e mobilizzazione, organi e muscoli, respiro e circolazione. Lo psoas attraversa e collega tutto questo. In più le sue fibre sono innervate dal Sistema Nervoso Volontario, ma passano vicinissime a quelle del Sistema Nervoso Autonomo, specialmente del Sistema Parasimpatico. Il che lo rende un muscolo di contatto periferico fra sistemi molto diversi (I. Rolf).
La mia personale opinione è che più che un muscolo psoas dobbiamo andare a cercare la “sensazione” dello Psoas. Che non è un muscolo più o meno attivo, ma un’organizzazione efficiente ed integrata di tutta la sua zona.
(Rielaborazione da testi di R.Cerini – Balanced Body Master Instructor)